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Dance Feast, Dance Societies of the Hamatsa |
Nell'ultimo post abbiamo recensito il fantastico "Bone Tomahawk" di S. Craig Zahler. Spesso abbiamo parlato di antropofagia in KMA, lo abbiamo fatto con John "Liver-Eating" Johnson e con Alfred G. "Alferd" Packer. Attraverso l'articolo sul Wendigo ne abbiamo approfondito l'aspetto antropologico tra gli Algonchini. Non per tutti i popoli del Nord America il cannibalismo era un tabù. Possiamo analizzare la diffusione e la ritualità dell'antropofagia nell'America Settentrionale attraverso l'opera "Il Cannibalismo" di Ewald Volhard. L'autore suddivide quattro aree geografiche di studio: Litorale nord occidentale; Territorio delle Foreste orientali; Praterie; California.
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Hamatsa Emerging from the Woods (1914) |
Nei Kwakiutl era presente una particolare associazione detta degli "Hamatsa". I membri di questa confraternita, in cui erano praticati riti antropofagici, presentavano il viso pitturato completamente di nero o, in alternativa, con due linee rosse omolaterali che univano l'angolo della bocca e le orecchie
Questa società segreta derivava dal mito di Baxbaxwalanuksiwe, detto a volte Baxbakualana Xiwae. Erano diverse le versioni di questo mito, ma tutte si basavano su alcuni elementi fondamentali. I quattro figli di NaWaka'Wa si perdono durante una battuta di caccia. Entrati in una casa, in cui il fumo del fuoco è di colore rosso, si accorgono di essere giunti in un covo di cannibali. La casa è infatti abitata da una vecchia strega, chiamata Qominoqa o Dzunukwa, il suo compito è quello di procacciare vittime per Baxbaxwalanuksiwe, un gigante divoratore di uomini, accompagnato da tre, secondo alcuni quattro, uccelli divoratori di uomini.
Secondo la versione più diffusa, il modo in cui i quattro fratelli scoprirono di trovarsi al cospetto di cannibali, risulta legato a una forma attenuata di uno dei tre riti antropofagi degli Hamatsa che vedremo in seguito. Uno dei fratelli si ferì a causa di un rovo, la donna, presente nella casa dal fumo rosso, chiese a questi di strofinare un bastoncino di legno sull'escoriazione. Ottenuto ciò, ella diede a suo figlio tale bastoncino per succhiare il sangue di cui risultava intriso.
Dopo l'uccisione di Baxbaxwalanuksiwe, i fratelli acquisirono il diritto di possesso sugli oggetti trovati nella sua dimora, e con essi il loro potere. Tali oggetti, che verrano utilizzati nei successivi riti degli Hamats, erano: una maschera di Huxhukw, o Hokw-Hokw, un uccello sovrannaturale, simile a una gru gigante, in grado di nutrirsi del cervello degli uomini grazie al robustissimo becco; una maschera del corvo; alcuni fischietti; una maschera dell'orso; alcuni costumi rituali; un palo sacro.
Il primo pasto cannibalico doveva avvenire all'interno dell'associazione e solo dopo il trascorrere del periodo iniziatico. Dopo di ciò, il novizio aveva il diritto di attaccare alla sua maschera il primo dei teschi umani scolpiti nel legno che andranno a decorare tale manufatto dopo ognuna di tali feste.
La ritualità degli Hamatsa prevedeva l'utilizzo di salme trattate specificatamente per la fine del noviziato. I cadaveri dei Kwakiutl erano inseriti in casse disposte sugli alberi della foresta, in maniera tale da indurre una mummificazione naturale. Dopo il periodo di isolamento, lo hamatsa prelevava la salma di un parente, che sarebbe stata mangiata al termine delle danze. Il corpo mummificato veniva adeguatamente trattato dai servitori, veniva quindi immerso in acqua salata e infilzato sottocute con alcuni rametti in maniera da favorire il distacco della carne. Il corpo, dopo essere stato affumicato, veniva ridotto in piccoli bocconi per favorirne l'assunzione da parte degli Hamatsa, a cui non era permesso di masticarlo, grazie ad abbondanti sorsate di acqua. Al termine del pasto, gli Hamatsa venivano condotti a mare dove si immergevano ripetutamente. A termine di ciò essi uscivano dallo stato di trance. Secondo alcune fonti, l'ingestione dell'acqua marina induceva il vomito della carne ingerita, onde evitare intossicazioni. Al termine del rito i servitori risarcivano le persone aggredite.
Per poter nutrire lo hamatsa era prevista anche l'uccisione di schiavi. Secondo l'antropologo Franz Boas, questa pratica era legata ai costumi bellici, in quanto rappresentazione simbolica della vittoria sulla popolazione di appartenenza dello schiavo, che veniva officiata innanzi alla propria tribù. Lo schiavo era liberato e inseguito dai guerrieri che lo uccidevano. Il cadavere veniva circondato dagli uomini-orso che avevano il compito di smembrare il corpo e consegnare la carne prima allo hamatsa più nobile, per poi arrivare a quello minore. Queste cerimonie divennero meno cruente col tempo. Gli Hamatsa non straziavano più le carni delle sue vittime, ma si limitavano a causare delle escoriazioni da cui bere il sangue. Veniva quindi tagliato un pezzettino di pelle, da usare durante la danza, per poi essere riconsegnato al suo proprietario alla fine del rito.
Le ossa degli schiavi erano accatastate sul lato settentrionale dell'abitazione, al fine di celarle dalla luce del sole. Alla quarta notte successiva al rito, le ossa venivano prelevate, legate, zavorrate con un grosso sasso e gettate in acque profonde. Questa usanza aveva lo scopo di evitare il ritorno di spiriti malevoli.
I conclusione possiamo distinguere tre riti cannibalici all'interno dei Kwakiutl: aggressione di persone vicine durante lo stato di estasi; uccisione di uno schiavo, il cui cadavere veniva divorato dagli hamatsa; utilizzo di salme appositamente preparate per lo hamatsa.
I conclusione possiamo distinguere tre riti cannibalici all'interno dei Kwakiutl: aggressione di persone vicine durante lo stato di estasi; uccisione di uno schiavo, il cui cadavere veniva divorato dagli hamatsa; utilizzo di salme appositamente preparate per lo hamatsa.
L'associazione segreta degli Hamatsa penetrò anche all'interno dei Bilchula, dove prendeva il nome di "Alla-Kotla", lo spirito responsabile del "rapimento" a carico del novizio. Dopo che Alla-Kotla riportava sulla superfice terrestre il novizio, egli gli ordinava di mordere le persone presenti alla danza rituale, in caso contrario lo spirito avrebbe divorato le sue carni.
Territori delle Foreste orientali. Sono moltissimi i casi osservati in questa seconda area geografica, anche se principalmente legati a riti bellici, in cui l'atto cannibalico era limitato al cuore del nemico ucciso, o all'antropofagia in caso di carestia.
William Keating indica presso i Potawatomi l'esistenza di una confraternica i cui membri avevano il dovere e il diritto esclusico di cibarsi della carne dei nemici uccisi. A tal fine la carne dei nemici uccisi in battaglia venivano essiccate, per poterla portare al villaggio dopo una battaglia. I membri della confraternita dovevano raggiungere l'unanimità in caso di acquisizione di un guerriero all'interno dell'associzione.
Prateria. I riti di fertilità utilizzati dai Pani (Pawnee) rappresentavano un'evoluzione sempre cruenta ma priva della componente antropofaga originaria caratteristica dell rito primigenio introdotto insieme al mais dal vicino territorio messicano. Tale rito si svolgeva durante il 22 aprile all'apparizione della Stella del Mattino. La vittima veniva posta su una piccola piattaforma, disposta tra due alberi e al di sopra di un fuoco, per essere trafitta dalle frecce scoccate dagli archi dei guerrieri, fino ad esserne completamente ricoperta. Le frecce venivano quindi rimosse e si asportavano pezzi di carne, per poi portarli ancora caldi presso il campo di mais, dove il capo ne spremeva il sangue sulle sementi. Gli altri membri della tribù seguivano l'atto compiuto dal capo.
In un'altra versione del rito, dopo aver estratto tutte le frecce, veniva aperto il torace della vittima, inserita la mano nella cavità ed estratta grondante sangue. L'offciante, dopo essersi dipinto il volto col sangue, correva a lavarsi presso il fiume. Nel frattempo, il cadavere veniva percosso con dei bastoni per poi essere lasciato a carbonizzarsi sul fuoco. Questa versione, come la precedente, rappresentava la forma attenuata dell'originale rito cannibalico.
Secondo alcune fonti il sacrifico costituiva un'eccezione nella ritualità dedicata alla fertilità. Tale rito cruento si svolgeva unicamente nel caso in cui un membro del popolo fosse stato visitato in sogno dalla Stella del Mattino. La contemplazione di alcuni corpi celesti, da parte dei sacerdoti, avrebbe confermato la necessità di effettuare il sacrificio.
California. Gli indiani della California attuavano atti cannibalici solo se costretti, ossia durante assedi o carestie. Noto risulta l'episodio di antropofagia che si verificò a carico dei Wappa assediati da una tribù vicina al loro accampamento.
Presso i Nishiman il cannibalismo appariva in una fiaba, ove una coppia di sposi uccideva gli indiani per poi pestarli in un grande mortaio al fine di frollarli più rapidamente.
Una forma di cannibalismo rituale era però presente in una popolazione stanziata nei pressi di Lorette, dediti a una cerimonia antropofaga finalizzata a onorare i nemici particolarmente coraggiosi e per acquisirne le doti. La carne ingerita era per lo più un quantitativo simbolico.
William Keating indica presso i Potawatomi l'esistenza di una confraternica i cui membri avevano il dovere e il diritto esclusico di cibarsi della carne dei nemici uccisi. A tal fine la carne dei nemici uccisi in battaglia venivano essiccate, per poterla portare al villaggio dopo una battaglia. I membri della confraternita dovevano raggiungere l'unanimità in caso di acquisizione di un guerriero all'interno dell'associzione.
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The Pawnee Morning Star ritual of human sacrifice |
Prateria. I riti di fertilità utilizzati dai Pani (Pawnee) rappresentavano un'evoluzione sempre cruenta ma priva della componente antropofaga originaria caratteristica dell rito primigenio introdotto insieme al mais dal vicino territorio messicano. Tale rito si svolgeva durante il 22 aprile all'apparizione della Stella del Mattino. La vittima veniva posta su una piccola piattaforma, disposta tra due alberi e al di sopra di un fuoco, per essere trafitta dalle frecce scoccate dagli archi dei guerrieri, fino ad esserne completamente ricoperta. Le frecce venivano quindi rimosse e si asportavano pezzi di carne, per poi portarli ancora caldi presso il campo di mais, dove il capo ne spremeva il sangue sulle sementi. Gli altri membri della tribù seguivano l'atto compiuto dal capo.
In un'altra versione del rito, dopo aver estratto tutte le frecce, veniva aperto il torace della vittima, inserita la mano nella cavità ed estratta grondante sangue. L'offciante, dopo essersi dipinto il volto col sangue, correva a lavarsi presso il fiume. Nel frattempo, il cadavere veniva percosso con dei bastoni per poi essere lasciato a carbonizzarsi sul fuoco. Questa versione, come la precedente, rappresentava la forma attenuata dell'originale rito cannibalico.
Secondo alcune fonti il sacrifico costituiva un'eccezione nella ritualità dedicata alla fertilità. Tale rito cruento si svolgeva unicamente nel caso in cui un membro del popolo fosse stato visitato in sogno dalla Stella del Mattino. La contemplazione di alcuni corpi celesti, da parte dei sacerdoti, avrebbe confermato la necessità di effettuare il sacrificio.
California. Gli indiani della California attuavano atti cannibalici solo se costretti, ossia durante assedi o carestie. Noto risulta l'episodio di antropofagia che si verificò a carico dei Wappa assediati da una tribù vicina al loro accampamento.
Presso i Nishiman il cannibalismo appariva in una fiaba, ove una coppia di sposi uccideva gli indiani per poi pestarli in un grande mortaio al fine di frollarli più rapidamente.
Una forma di cannibalismo rituale era però presente in una popolazione stanziata nei pressi di Lorette, dediti a una cerimonia antropofaga finalizzata a onorare i nemici particolarmente coraggiosi e per acquisirne le doti. La carne ingerita era per lo più un quantitativo simbolico.
7 commenti:
Ormai se il mio "smuovitore di budella" ufficiale: non riesco mai a leggere "serenamente" i tuoi post :-D
Grazie Mille Lucius!!! Uno splendido complimento per chi vuole svelare il lato oscuro del West ;)
Cavoli, gran bell'articolo.Complimenti.
Grazie Mille Massimiliano!!! Gentilissimo :)
Certo che dopo lo stereotipo dell'indiano cattivo e predone e la lagna sull'indiano tanto buono, la verità è ancora un'altra e comunque spesso preoccupante. Ma il cannibalismo con quelle forme (rituale per acquisire qualche dote del morto e "emergenza alimentare") mi sembra in fondo comune a molte culture primitive (Nuova Guinea, tanto per citare un posto dove l'antropofagia è scomparsa da poco o forse nemmeno scomparsa).
Le torture dei nativi americani sono un altro argomento piacevolissimo, se ti capiterà di parlarne...
Quei due stereotipi sono stati alla base di talmente tanti studi alterati, tali quasi da uccidere l'antropologia. Si, è vero. Il cannibalismo era diffuso, anche se in modo disomogeneo, e speso si era evoluto in qualcosa di diverso, solo lontanamente ricollegabile a esso. Cosa che non avvenne in nuova guinea, dove rimase manifesto nei suoi riti "pittorechi" ;)
Splendida Idea Bruno!!! Se ci riesco scappa il dedicone!!!
Grazie ancora Bruno!!! ;)
parecchi studi e testimonianze dimostrano che i nativi americani erano cannibali
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