lunedì 30 novembre 2015

"The Burrowers" di J. T. Petty






     11 agosto 1878, Territorio del Dakota. Un insediamento di pionieri viene attaccato dai Pellerossa. La famiglia Stewart si rifugia in cantina, mentre nella notte risuonano urla disperate. Improvvisamente il silenzio. Uno sparo. Due. Tre.
 Qualcosa si muove in quella casa, facendo risuonare nella cantina un rumore inquietante in grado di amplificare l'ansia e l'attesa. Attesa che cessa quando si squarcia il soffitto del rifugio. Poi solo buio. Buio e urla.
 La mattina dopo, Fergus Coffey (Karl Geary), il fidanzato di Maryanne Stewart (Jocelin Donahue), e John Clay (Clancy Brown) si recano all'accampamento. Qui trovano alcuni corpi, ma non quello di Maryanne. Insieme a lei sono scomparse altre sei persone.
 Fergus chiede l'aiuto di  William Parcher (William Mapother), ex soldato ed esploratore. I due, a cui si aggiunge Dobie Spacks (Galen Hutchison), il giovane figlio della donna frequentata da William, si recano all'accampamento. Parcher scopre che i corpi delle figlie di Williams hanno avuto delle emorragie ridotte, mentre Fergus osserva la presenza di una strana buca nei pressi delle case. 
 L'arrivo dell'esercito non facilita la situazione di Fergus, che avrebbe voluto partire immediatamente per cercare di salvare la sua amata. Il problema non è tanto il seppellimento dei cadaveri presenti nell'accampamento, quanto la strategia di ricerca del comandante Henry Victor (Doug Hutchison), i cui metodi risultano particolarmente estremi...
 Il bivacco notturno intorno al fuoco diviene il momento di incontro tra le diverse anime dell'America. L'emarginazione e la dignità afroamericana si fondono con quella irlandese, il dolore di un orfano di guerra con il sadismo dei militari. Il bivacco diviene come sempre l'alambicco di una folle miscela alchemica, capace di generare una consapevolezza sempre superiore a quella precedente. Una consapevolezza riguardo anche alla collocazione dell'uomo nella catena alimentare. In quelle terre vi sono esseri ben più crudeli dei Nativi. Pericoli che gli stessi Pellerossa temono e che chiamano Burrowers, "Scavatori di Tane".




 La consapevolezza di un orrore in agguato ci accompagna per tutta la visione. Ogni movimento, compiuto dai diversi personaggi, ci arrecherà uno stato di agitazione, poiché non sapremo mai quando quegli esseri si affacceranno sul loro percorso, così come alla nostra vista, ma siamo consapevoli che lo faranno nei momenti più inaspettati. Le isole di spensieratezza sprofondano improvvisamente, lasciando una palude da cui emergono incubi embrionali.



 Se in "Bone Tomahawk" il viaggio diviene, come nelle opere di L'Amour, un mezzo di evoluzione esistenziale, quasi una forma di iniziazione, qui si trasforma in un percorso di corruzione, una regressione verso l'egoismo.
 I trogloditi prenderanno forma e sostanza in questi uomini che, investiti da un fine superiore, vedranno improvvisamente l'inferno innanzi a loro.




 Le riprese dal basso, quasi raso terra, tipiche di Sergio Leone, qui vengono estremizzate ancor più, come se fossero trasmesse dagli occhi strabici di un corpo dissepolto. La terra diviene pulsante e protagonista del film, in eterna contrapposizione con la realtà di superficie. Un conflitto ancestrale tra Luce e Buio, che qui viene rivisitato in chiave western, genere in cui le membrane tra i due mondi risultano fisiologicamente permeabili.
 "The Burrowers" è terra. Terra che rivaleggia con la superficie certo, ma non per contaminarla. Rivaleggia con essa nella capacità di distruggere e infliggere dolore. "The Burrowers" è la terra che lentamente, sin dall'inizio del film, ci sta ricoprendo. Lentamente, ma inesorabilmente.




 Come per "Condenados a vivir" (Cut-Throats Nine, 1972) , anche per quest'opera devo ringraziare Mario Raciti, autore dei fantastici blog Western Campfire e Libreria Western, se amate il West e il western non potete che divorarli. Mario è anche autore dell'ebook "Dizionario dei film western", oltre che creatore, organizzatore e curatore della collana “Ombre Bianche”, edita da Villaggio Maori.
 Mario, soprattutto, è la dimostrazione che tra blogger, anche quando si trattano gli stessi argomenti, ci può essere amicizia e complicità. Grazie ancora di Tutto Amico!!!




giovedì 26 novembre 2015

Ken Parker "Il giudizio di Dio" n°21





 La città di Lawtown, Oklahoma, è vicina a Fort Sill. Troppo vicina. Quando i soldati sono in libera uscita hanno voglia di rilassarsi un po'. Magari con una bella sbornia. Il problema delle sbornie è che non vanno a braccetto con la memoria. A volte la memoria è il bene più prezioso di una persona.
 Il soldato Lyman Ames capirà a sue spese l'importanza di ricordare quanto avvenuto il giorno prima. Svegliato a suon di sberle, la giubba blu viene infatti arrestata per violenza carnale e omicidio. Il bottone, stretto dalla mano della ragazza uccisa, è una prova schiacciante. Come sempre, il popolo è ben disposto a contribuire nel giudizio e nell'esecuzione...




 L'intervento di Ken Parker riesce a "placare" gli animi, ma ora egli sarà responsabile della vita del prigioniero.
 La parte iniziale, ricca di interrogatori e confronti, dona una sfumatura legal thriller che sfocia successivamente nel classico viaggio, esistenziale e reale, tipico del genere western.
 La componente psicologica è enfatizzata dai disegni di Marraffa, grazie a un uso particolare dei chiaroscuri e da una stilizzazione del paesaggio quasi sognante.



mercoledì 25 novembre 2015

"Intervista western a Mariangela Cerrino" di Lucius Etruscus






Lucius Etruscus
Intervista western a Mariangela Cerrino


I lettori di oggi conoscono Mariangela Cerrino come autrice di thriller – lo scorso ottobre ha presentato Il ministero delle ultime ombre (TimeCrime) – e di grandi romanzi storici – come per esempio Absedium (Rizzoli) – ma possono riscoprire anche la sua vena fantascientifica nella collana “Classici della Fantascienza Italiana” (Delos Digital): ma l’autrice torinese ha spaziato in ogni genere letterario, ed anzi ha iniziato la sua carriera con il western mascherandosi dietro lo pseudonimo di May Ionnes Cherry.
Oggi trovate molte sue opere in digitale – Kindle, Kobo, GooglePlay, BookRepublic – ma l’ho intervistata per parlare del periodo in cui una giovane diciassettenne torinese scriveva uno dei generi “maschi” dell’immaginario popolare.





Raccontare oggi di una ragazza men che diciottenne che inizia a scrivere romanzi western per una grande casa editrice... è davvero incredibile, eppure è così che è andata nel tuo caso. Come ti è venuto in mente di esordire proprio nel western?
La passione per il western certamente è nata in ambito famigliare. Mio padre era un appassionato e aveva tutta la raccolta dei mitici Sonzogno con la “copertina rossa”, che gli amanti del genere non possono non conoscere. Ho cominciato a leggerli quando non avevo più di otto anni. Sono stata una lettrice molto precoce. Quando ho scritto Blue River, il mio primo romanzo, di anni ne avevo soltanto quattordici. Ma frequentavo il Centro Studi Americani a Torino, che aveva una biblioteca stupenda, e dove ho potuto studiare la storia e tutto quanto mi occorreva per l’ambientazione.
Così dopo aver rivisto e riletto il romanzo per un anno, a sedici, con l’entusiasmo dell’età, l’ho spedito alla “Direzione Editoriale” della Sonzogno, che iniziava proprio in quel periodo la sua serie tascabile I Nuovi Sonzogno, con le copertine di Crepax.
Non avevo, ovviamente, nemmeno un nome a cui indirizzarlo... ma è piaciuto, e mi hanno risposto dopo poco più di un mese accettandolo. Comunque, ho fatto tutto da sola... la stesura, la revisione, la ricerca dell’editore, la scelta dello pseudonimo. Come ho più volte dichiarato, era un vero omaggio a Zane Grey, che consideravo il mio Maestro. Ma poi, come è giusto, ho lasciato le sue orme e già nel secondo romanzo, L’ultimo cielo, c’era soltanto May I. Cherry.

Cosa voleva dire per una donna, negli anni Sessanta e Settanta, scrivere romanzi di un genere considerato fortemente maschile?
I miei lettori mi credevano americana. Quindi ero ammessa, per l’esterofilia dominante di quegli anni. Non ho mai incontrato ostacoli.

Per circa dieci anni hai scritto come May I. Cherry per la collana “I Nuovi Sonzogno”: lo raccontavi in giro, che eri tu l’autrice? E se sì, cosa ti rispondevano?
No, non lo dicevo. Il primo a saperlo è stato Gianfranco Viviani, fondatore della mitica Casa Editrice Nord, nel momento in cui mi sono dedicata anche alla fantascienza, all’inizio degli anni Ottanta.




Negli anni Ottanta cominci a scrivere per “I Grandi Western” de La Frontiera, sempre come Cherry ma nascondendoti nella traduzione (come Maria Cerrino). È stato un passaggio fluido o ci sono state differenze rispetto all’epoca Sonzogno?
È stato un passaggio senza alcun problema. La Sonzogno era entrata a far parte del gruppo RCS, chiudendo le collane esistenti, quindi il passaggio è stato inevitabile. Giorgio Cordone e i suoi collaboratori Tiziano Agnelli e Alessandro Zabini mi hanno fatto subito sentire “a casa”. E sono tuttora dei cari amici.

Erano anni in cui il western era molto seguito in Italia, tra film, libri e fumetti. C’era qualche autore o personaggio, italiano o straniero, che ti piace ricordare anche a distanza di tempo?
Un film su tutti: Un dollaro d’onore, con il mitico John Wayne e Dean Martin. Un film perfetto in ogni suo attimo (anche nella colonna sonora).

Dalla fine degli anni ’80 hai cambiato generi letterari: ti è mai venuto voglia di scrivere un altro western?
Qualche volta. Il West offre una tavolozza grandiosa per ogni tipo di romanzo. Ma ciò che questo tipo di narrazione dovrebbe riconquistare, a mio avviso, è la speranza. Quella di un Mondo Nuovo, di Nuove Terre e nuove possibilità, sempre nascoste dall’ultima collina da superare e mai negate a nessuno. E non pensare che oltre a quell’ultima collina c’è soltanto il deserto. La speranza era il segreto del West. Detto questo, non si può dimenticare che anche la fantascienza (o almeno un suo genere) offre le stesse tematiche. In fondo quello che conta davvero è l’uomo, e la sua voglia di andare oltre.

A quale dei tuoi personaggi western sei rimasta più legata?
Il mio personaggio preferito è indubbiamente Elijah McGowen. Gli ho dedicato ben quattro romanzi! So che non a tutti i miei lettori risultava simpatico, ma io l’avevo costruito con tutti i suoi difetti e le sue qualità perché doveva essere reale, ed era davvero tale per me. E poi non apparteneva a nessuno, era al di fuori della società: nessuno poteva imporgli qualcosa. Per me, a quel tempo tanto ricco di ideali, era la condizione perfetta di libertà.




Ringrazio Mariangela Cerrino per la sua disponibilità, vi ricordo il suo recente thriller Il ministero delle ultime ombre e vi segnalo la sua pagina facebook.

Bibliografia western di Mariangela Cerrino

Blue River, I Nuovi Sonzogno n. 14 (settembre 1966)
L’ultimo cielo, I Nuovi Sonzogno n. 26 (febbraio 1967)
L’anima selvaggia, I Nuovi Sonzogno nn. 46-47 (novembre-dicembre 1967)
Lettie Huddlestone, I Nuovi Sonzogno nn. 57-58 (aprile-maggio 1968)
Rio Colorado, I Nuovi Sonzogno n. 62 (luglio 1968)
Il sentiero della vendetta, I Nuovi Sonzogno n. 73 (novembre 1968)
Adios, Amigo, I Nuovi Sonzogno n. 82 (aprile 1969); La Frontiera (1° giugno 1986)
Dalla parte dove soffia il vento, I Nuovi Sonzogno nn. 93-94 (settembre 1969)
La terra del signore, I Nuovi Sonzogno n. 107 (marzo 1970); La Frontiera (15 luglio 1987)
La ragazza di Quanah, I Nuovi Sonzogno n. 125 (dicembre 1970)
Malpaso, I Nuovi Sonzogno nn. 158-159 (marzo 1972)
La fortuna di Charity Hoss, I Nuovi Sonzogno n. 166 (1972)
La pista dimenticata, I Nuovi Sonzogno n. 187 (aprile 1973); La Frontiera (15 luglio 1988)
Tanimari, I Grandi Autori Western nn. 25 e 27 (La Frontiera, agosto e ottobre 1982); I Classici del West n. 64 (La Frontiera, settembre 1986)
Gloria del mattino, I Grandi Western n. 72 (La Frontiera 1983)
L’ultimo sentiero, I Grandi Autori Western n. 40 (La Frontiera, novembre 1983); I Classici del West n. 54 (La Frontiera, novembre 1985)
I fiumi del vento, I Grandi Autori Western n. 49 (La Frontiera, febbraio 1985)
La luce sulle montagne, I Grandi Autori Western n. 51 (La Frontiera, dicembre 1985)





  Lucius Etruscus è vice-curatore di ThrillerMagazine e redattore di SherlockMagazine, gestore del database “Gli Archivi di Uruk” e di vari altri blog, come “Fumetti Etruschi” (recensioni di fumetti di ogni genere), “Il Zinefilo” (dedicato al cinema di serie Z), il “CitaScacchi” (citazioni scacchistiche da ogni forma di comunicazione) ed altri ancora. Scrive saggi su riviste on line, ha partecipato (sia come giuria che come autore) al romanzo corale “Chi ha ucciso Carlo Lucarelli?” (Bacchilega Editore) e su ThrillerMagazine ha raccontato le indagini del detective bibliofilo Marlowe... non “quel” Marlowe, i cui retroscena (ed altro ancora) sono narrati nel blog “NonQuelMarlowe”.
 Noi abbiamo parlato delle sue opere qui e qui. Vi ricordo che l'Etruscus è autore della saga weird western risorgimentale "Giona Sei-Colpi".


domenica 22 novembre 2015

Il villaggio delle streghe (The Offspring - From a Whisper to a Scream, 1987) di Jeff Burr






    La giornalista Beth Chandler (Susan Tyrrell) intervista il bibliotecario Julian White (Vincent Price), dopo che è stata eseguita la condanna a morte a carico di sua nipote, responsabile di numerosi omicidi. Lo storico sostiene che la città di Oldfield, Tennessee, è stata fondata dalla violenza in persona e dalla sofferenza. I suoi cittadini sarebbero quindi vittime innocenti influenzate da un'atmosfera malsana.
 A dimostrazione delle sue affermazioni, egli le mostra alcuni documenti inerenti quattro casi. Il primo caso, precedente di pochi anni, riguarda Stanley Burnside (Clu Gulager). Stanley, introverso impiegato che vive con la sorella iperpossessiva, è ossessionato dal suo superiore, la bella Grace, che sogna in tutte le possibili pose, anche in quelle cadaveriche. Una sera riesce a strapparle un appuntamento, ma l'incontro prenderà una svolta inaspettata per entrambi.
 Il secondo caso, risalente agli inizi degli anni '50, riguarda Jesse Hardwick (Terry Kiser). Il fuggitivo Jesse non ha un buon intuito per le persone. Dopo aver fregato le persone sbagliate, decide di fuggire con una donna che non ci ha pensato due volte a venderlo ai fratelli McCoy, tipi particolarmente suscettibili quando qualcuno tenta di derubarli. Ferito dopo uno scontro a fuoco, Jesse viene salvato da un uomo che vive nella palude e per il quale esiste un Dio ben più potente del denaro...
 Nella terza storia, ambientata nell'estate del 1930, l'arrivo del luna park a Oldfield scombussola la vita di Amarrillis Caulfield (Didi Lanier). La ragazza si innamora infatti di Steven Arden (Ron Brooks ), il "Mangiatore di Vetro". Ognuno dei membri del luna park ha un segreto che lo lega alla proprietaria di quell'attrazione itinerante.
 A questo punto vi chiederete per quale motivo io stia parlando di questo film in KMA e non sul blog Beati Lotofagi. Il motivo è l'ambientazione della quarta storia, ossia la Guerra Civile americana.




 Un gruppo di quattro soldati unionisti vaga per le campagne, godendo della libertà da poco acquisita e cercando di stare alla larga dal generale Grant e dal loro reggimento di appartenenza. Dopo aver massacrato tre soldati confederati che avevano tentato di arrendersi, gli Yankee si accampano per rilassarsi un po' e decidere il da farsi. Il desiderio del più giovane e idealista del gruppo di tornare a casa ne causa l'assassinio da parte del sergente Gallen (Cameron Mitchell). Il terzetto, una volta giunto a Oldfierld, viene catturato da un improvvisato esercito di bambini soggiogati da un misterioso borgomastro.




 Il quarto episodio, che presenta legami con "Il signore delle mosche" di William Golding, ma anche con "Miri", ottavo episodio della prima stagione di Star Trek (qui il mio articolo "Star Trek e il western"),  ha un fortissimo impatto emotivo, come del resto tutte le storie di questa raccolta da riscoprire.
 La Guerra Civile americana è stata l'ambientazione anche per la prima opera di Jeff Burr, "From a Whisper to a Scream" è la seconda opera del regista, ossia  “Divided We Fall”.  In questo film di circa 30 minuti, in cui Jeff Burr è affiancato da Kevin Meyer, una voce fuori campo narra la storia di due fratelli, divisi nella vita e nel conflitto.




giovedì 19 novembre 2015

Ken Parker "Storie D'armi E D'Imbrogli" n°20





     Fort Worth, Texas. Il forte, diretto dal nuovo comandante Moore, risulta particolarmente affollato oggi.  Ken Parker vi giunge alla ricerca di informazioni riguardo il contrabbando di armi in favore dei Nativi. Il forte è infatti il più grande deposito di armi delle truppe di stazza nei territori del sud-ovest
 Proprio mentre il comandante cerca di collaborare con Parker, il colonnello Levinsky, appena giunto al forte, riesce a rubare un carico di armi grazie a un documento contraffatto. 
 Il colonnello è in realtà il tenente Clarence. Quando la sua identità viene scoperta è ormai troppo tardi...




Ken Parker non è un tipo da lasciare una partita a metà. Nonostante il notevole vantaggio accumulato dai contrabbandieri, egli potrà contare su un elemento essenziale per qualsiasi caccia all'uomo... le informazioni di un villico alcolizzato che conosce benissimo il territorio!



martedì 17 novembre 2015

Storie Da Altrove: Coloro Che Vivono Di Morte




     Aprile 1882. Oscar Wilde raggiunge il selvaggio West. Il fine è quello di evolvere, grazie ad alcune conferenze, un grande popolo esportatore di derrate, ovvero delle sue opere letterarie...
 Wilde non sarà un rozzo cowboy in grado di masticare tabacco disgustoso, sfoderare la pistola in un lampo o prendere un vitello al lazzo, ma da bravo irlandese può sconfiggere chiunque lo sfidi a una gara di resistenza alcolica. capacità che gli permetterà di avere un notevole successo anche tra i rozzi illetterati del West.
 Ma si sa come sono questi vaccari, lo straniero è sempre portatore di guai, specialmente se dopo il suo arrivo quelle terre si trasformeranno nell'Egitto dell'Esodo.


domenica 15 novembre 2015

"Odia il prossimo tuo" di Ferdinando Baldi






     Bill Dakota chiede aiuto agli abitanti di San Antonio per salvare la sua vita e quella della moglie e del figlio. La sua famiglia è inseguita da Gary Stevens (George Eastman), un crudele criminale. Gli abitanti si rifugiano nelle proprie abitazioni al suono di quel nome agghiacciante. Lo sceriffo, che riconosce Bill in quanto ricercato, gli volta le spalle e si chiude nel suo ufficio.
 Bill, ormai consapevole del suo destino, viene accerchiato da Stevens e dai suoi uomini. Sperando di salvare la vita dei suoi cari, egli consegna la mappa al fuorilegge. Il tentativo della moglie di gettare il fucile al marito scatena il massacro dei due coniugi.
 Pat (Claudio Castellani), il figlio di Bill, si affaccia da carro. Egli osserva i corpi dei suoi genitori ormai senza vita. Il becchino lo allontana da quel teatro di sangue, improvvisando in seguito un corteo funebre per trasportare le salme al cimitero. Proprio qui vengono intercettati da Ken Dakota (Spiros Focás), fratello di Bill.
 Ken conduce il piccolo alla sua fattoria, dove viene raggiunto da Peggy (Nicoletta Machiavelli) che prenderà in custodia il bambino. Per quale motivo non rimane con lo zio Ken? Il fatto che stia controllando i fucili ci illumina sulle sue intenzioni.
 Ken si reca da Duke (Roberto Risso), il becchino che ha salvato il nipote, per pagare il debito del funerale. Un'altro debito deve essere però sanato, egli chiede infatti informazioni sullo sceriffo, colpevole di aver voltato le spalle al fratello nel momento del bisogno. Recatosi al saloon, dove lo sceriffo sta giocando a carte, Ken gli rinfaccia il suo comportamento vile. Ne nasce una scazzotata in cui, dopo due minuti e ventotto secondi, lo sceriffo finisce KO.
 Dopo la discussione con lo sceriffo, Ken chiede a Duke informazioni su Stevens, questi decide di seguire il ragazzo in Messico alla ricerca del fuorilegge.




 I ricchi yankee sono persone eccentriche, amano gli sport particolari. Violenti. Sport che possono aiutarli ad immedesimarsi negli imperatori romani. Mrs. Malone adora il combattimento tra peones armati di un particolare artiglio biforcuto. A colui che resta in piedi, viene consegnata una pistola con un solo proiettile. Egli potrà sparare solo tre volte, dopo aver fatto ruotare ogni volta il tamburo, all'uomo che è a terra ferito. Nel caso in cui partisse il colpo, egli sarebbe un uomo libero, in caso contrario verrebbe ammazzato a fucilate da una guardia.




 Proprio con questo gentiluomo si mette in affari Gary Stevens. Una società al 50% dove Stevens metterà la mappa della miniera, divisa equamente in due parti tra i contraenti, mentre Mrs. Malone metterà i soldi e la protezione politica. Mettere i soldi è un eufemismo, poiché Stevens dovrà sì prelevarli dalla banca di proprietà di Mrs. Malone, ma attraverso una rapina e non un assegno. Alla fine i soldi li metterà l'assicurazione.
 La rapina viene effettuata proprio dopo l'arrivo di Ken e Duke in città. Il problema però non sono i due forestieri, bensì i soldati dell'esercito le cui fucilate falciano i rapinatori. Stevens è comunque fortunato visto che viene arrestato.
Forse la morte sarebbe stata più misericordiosa. Egli viene infatti condotto nei pressi della miniera, dove Mrs. Malone gli riserva un trattamento speciale per farsi consegnare l'altra metà della mappa. Essere sospeso dai piedi, al di sopra di una fossa popolata di serpenti, non è una situazione piacevole, ma se dei topi divorano lentamente quella corda la situazione si complica ulteriormente...



sabato 14 novembre 2015

Pubblicato sul sito di Playboy il prequel fumettoso di ‘The Hateful Eight’.





Otto pagine per un prequel fumettoso atto a illustrarci l'origine di quel contenuto umano mantecato all'interno della diligenza più attesa dagli amanti di Tarantino, ma anche del genere Western!!!




venerdì 13 novembre 2015

Ken Parker "Un uomo inutile" n°19






Fort Sill, Oklahoma. La vita dei soldati del forte scorre tranquilla, tra scherzi ed esercitazioni. Fino a quando..



Proprio in questa situazione di preallarme, il sergente Mc Cabe, a poche ore dal pensionamento, riceve un compito estremamente delicato: scortare la moglie del Colonnello Whitaker fino alla stazione di Wichita Falls. Le cose però non vanno come sperato, gli indiani infatti non tardano  a mostrare le loro penne.



Grazie a Dio, Ken Parker è nelle vicinanze di quella polverosa aggressione. Pensate forse che non prenderà la palla al balzo per compiere una buona azione e per svincolarsi da una situazione un po' imbarazzante?




 Preparatevi quindi a saltare in un'avventura piena di fughe e agguati, ma soprattutto piena di bastardi fino all'osso!




martedì 10 novembre 2015

Il cannibalismo tra i Nativi dell'America Settentrionale.



Dance Feast, Dance Societies of the Hamatsa


 Nell'ultimo post abbiamo recensito il fantastico "Bone Tomahawk" di S. Craig Zahler. Spesso abbiamo parlato di antropofagia in KMA, lo abbiamo fatto con John "Liver-Eating" Johnson e con Alfred G. "Alferd" Packer. Attraverso l'articolo sul Wendigo ne abbiamo approfondito l'aspetto antropologico tra gli Algonchini. Non per tutti i popoli del Nord America il cannibalismo era un tabù. Possiamo analizzare la diffusione e la ritualità dell'antropofagia nell'America Settentrionale attraverso l'opera "Il Cannibalismo" di Ewald Volhard. L'autore suddivide quattro aree geografiche di studio: Litorale nord occidentale; Territorio delle Foreste orientali; Praterie; California.


Hamatsa Emerging from the Woods (1914)
  Litorale nord occidentale. In questa area erano poche le tribù che attuavano il cannibalismo, la più famosa è quella dei Kwakiutl. L'antropofagia risultava comunque essere un fenomeno tribale originario del popolo Heiltsuk, insediato nel Central Coast Regional District della Columbia Britannica.
 Nei Kwakiutl era presente una particolare associazione detta degli "Hamatsa". I membri di questa confraternita, in cui erano praticati riti antropofagici, presentavano il viso pitturato completamente di nero o, in alternativa, con due linee rosse omolaterali che univano l'angolo della bocca e le orecchie
 Questa società segreta derivava dal mito di  Baxbaxwalanuksiwe, detto a volte Baxbakualana Xiwae. Erano diverse le versioni di questo mito, ma tutte si basavano su alcuni elementi fondamentali. I quattro figli di NaWaka'Wa si perdono durante una battuta di caccia. Entrati in una casa, in cui il fumo del fuoco è di colore rosso, si accorgono di essere giunti in un covo di cannibali. La casa è infatti abitata da una vecchia strega, chiamata Qominoqa o Dzunukwa, il suo compito è quello di procacciare vittime per Baxbaxwalanuksiwe, un gigante divoratore di uomini, accompagnato da tre, secondo alcuni quattro, uccelli divoratori di uomini.
 Secondo la versione più diffusa, il modo in cui i quattro fratelli scoprirono di trovarsi al cospetto di cannibali, risulta legato a una forma attenuata di uno dei tre riti antropofagi degli Hamatsa che vedremo in seguito. Uno dei fratelli si ferì a causa di un rovo, la donna, presente nella casa dal fumo rosso, chiese a questi di strofinare un bastoncino di legno sull'escoriazione. Ottenuto ciò, ella diede a suo figlio tale bastoncino per succhiare il sangue di cui risultava intriso.
Dopo l'uccisione di Baxbaxwalanuksiwe, i fratelli acquisirono il diritto di possesso sugli oggetti trovati nella sua dimora, e con essi il loro potere. Tali oggetti, che verrano utilizzati nei successivi riti degli Hamats, erano: una maschera di Huxhukw, o Hokw-Hokw, un uccello sovrannaturale, simile a una gru gigante, in grado di nutrirsi del cervello degli uomini grazie al robustissimo becco; una maschera del corvo; alcuni fischietti; una maschera dell'orso; alcuni costumi rituali; un palo sacro.
Il diritto di divenire hamatsa veniva acquisito attraverso nascita nobiliare o contraendo matrimonio con le discendenti di famiglie aventi questo diritto. La preparazione dell'iniziato durava circa quattro anni.  Il novizio, per poter essere ammesso nell'associazione, doveva ritirarsi nei boschi per tre o quattro mesi, al fine di entrare in contatto con gli spiriti. Nella foresta egli doveva effettuare delle frequenti abluzioni con acqua fredda per purificarsi dall'odore umano. Durante la festa delle danze invernali,  egli faceva ritorno al villaggio, pronunciando il rituale pianto dello spirito affamato: "Hap!" Egli aggrediva chiunque giungesse alla sua portata, strappando a morsi brandelli di carne da  braccia e petto, che ingeriva avidamente per poi bere dell'acqua calda. Immediatamente al suo ingresso nel villaggio, accorrevano i suoi dodici servi, salalila, ruolo ereditato in linea maschile, che avevano il compito di circondarlo e calmarlo, attraverso alcune raganelle, non appena raggiungeva l'estasi, al fine di impedirgli di aggredire i membri delle varie famiglie invitate. Lo stato di estasi veniva raggiunto grazie a un elemento catalizzatore, la cui visione o la sola pronuncia del nome induceva uno stato dki alterazione.
 Oltre ai servitori, risultava importantissimo il ruolo della Hiligaxste, una parente stretta del novizio, la quale attirava l'estatico, attraverso la sua danza, nella stanza sacra. La Hiligaxste utilizzava per la sua danza uno scudo che raffigurava la sagoma umana. Dopo che gli anziani erano riusciti a domare il novizio, egli veniva spogliato dei rami di cicuta che decoravano il suo corpo, per essere vestito con il costume sacro, costituito da una corona, un collare, bracciali, cavigliere e gonna. Tutti questi elementi erano costituiti con corteccia di cedro rosso, pianta in grado di mantenere la calma nel novizio.





 Il primo pasto cannibalico doveva avvenire all'interno dell'associazione e solo dopo il trascorrere del periodo iniziatico. Dopo di ciò, il novizio aveva il diritto di attaccare alla sua maschera il primo dei teschi umani scolpiti nel legno che andranno a decorare tale manufatto dopo ognuna di tali feste.
  La ritualità degli Hamatsa prevedeva l'utilizzo di salme trattate specificatamente per la fine del noviziato. I cadaveri dei  Kwakiutl erano inseriti in casse disposte sugli alberi della foresta, in maniera tale da indurre una mummificazione naturale. Dopo il periodo di isolamento, lo hamatsa prelevava la salma di un parente, che sarebbe stata mangiata al termine delle danze. Il corpo mummificato veniva adeguatamente trattato dai servitori, veniva quindi immerso in acqua salata e infilzato sottocute con alcuni rametti in maniera da favorire il distacco della carne. Il corpo, dopo essere stato affumicato, veniva ridotto in piccoli bocconi per favorirne l'assunzione da parte degli Hamatsa, a cui non era permesso di masticarlo, grazie ad abbondanti sorsate di acqua. Al termine del pasto, gli Hamatsa venivano condotti a mare dove si immergevano ripetutamente. A termine di ciò essi uscivano dallo stato di trance. Secondo alcune fonti, l'ingestione dell'acqua marina induceva il vomito della carne ingerita, onde evitare intossicazioni. Al termine del rito i servitori risarcivano le persone aggredite.
 Per poter nutrire lo hamatsa era prevista anche l'uccisione di schiavi. Secondo l'antropologo Franz Boas, questa pratica era legata ai costumi bellici, in quanto rappresentazione simbolica della vittoria sulla popolazione di appartenenza dello schiavo, che veniva officiata innanzi alla propria tribù. Lo schiavo era liberato e inseguito dai guerrieri che lo uccidevano. Il cadavere veniva circondato dagli uomini-orso che avevano il compito di smembrare il corpo e consegnare la carne prima allo hamatsa più nobile, per poi arrivare a quello minore. Queste cerimonie divennero meno cruente col tempo. Gli Hamatsa non straziavano più le carni delle sue vittime, ma si limitavano a causare delle escoriazioni da cui bere il sangue. Veniva quindi tagliato un pezzettino di pelle, da usare durante la danza, per poi essere riconsegnato al suo proprietario alla fine del rito.
 Le ossa degli schiavi erano accatastate sul lato settentrionale dell'abitazione, al fine di celarle dalla luce del sole. Alla quarta notte successiva al rito, le ossa venivano prelevate, legate, zavorrate con un grosso sasso e gettate in acque profonde. Questa usanza aveva lo scopo di evitare il ritorno di spiriti malevoli.
I conclusione possiamo distinguere tre riti cannibalici all'interno dei Kwakiutl: aggressione di persone vicine durante lo stato di estasi; uccisione di uno schiavo, il cui cadavere veniva divorato dagli hamatsa; utilizzo di salme appositamente preparate per lo hamatsa.
L'associazione segreta degli Hamatsa penetrò anche all'interno dei Bilchula, dove prendeva il nome di "Alla-Kotla", lo spirito responsabile del "rapimento" a carico del novizio. Dopo che Alla-Kotla riportava sulla superfice terrestre il novizio, egli gli ordinava di mordere le persone presenti alla danza rituale, in caso contrario lo spirito avrebbe divorato le sue carni.


Territori delle Foreste orientali. Sono moltissimi i casi osservati in questa seconda area geografica, anche se principalmente legati a riti bellici, in cui l'atto cannibalico era limitato al cuore del nemico ucciso, o all'antropofagia in caso di carestia.
 William Keating indica presso i Potawatomi l'esistenza di una confraternica i cui membri avevano il dovere e il diritto esclusico di cibarsi della carne dei nemici uccisi. A tal fine la carne dei nemici uccisi in battaglia venivano essiccate, per poterla portare al villaggio dopo una battaglia. I membri della confraternita dovevano raggiungere l'unanimità in caso di acquisizione di un guerriero all'interno dell'associzione.


The Pawnee Morning Star ritual of human sacrifice


Prateria. I riti di fertilità utilizzati dai Pani (Pawnee) rappresentavano un'evoluzione sempre cruenta ma priva della componente antropofaga originaria caratteristica dell rito primigenio introdotto insieme al mais dal vicino territorio messicano. Tale rito si svolgeva durante il 22 aprile all'apparizione della Stella del Mattino. La vittima veniva posta su una piccola piattaforma, disposta tra due alberi e al di sopra di un fuoco, per essere trafitta dalle frecce scoccate dagli archi dei guerrieri, fino ad esserne completamente ricoperta. Le frecce venivano quindi rimosse e si asportavano pezzi di carne, per poi portarli ancora caldi presso il campo di mais, dove il capo ne spremeva il sangue sulle sementi. Gli altri membri della tribù seguivano l'atto compiuto dal capo.
 In un'altra versione del rito, dopo aver estratto tutte le frecce, veniva aperto il torace della vittima, inserita la mano nella cavità ed estratta grondante sangue. L'offciante, dopo essersi dipinto il volto col sangue, correva a lavarsi presso il fiume. Nel frattempo, il cadavere veniva percosso con dei bastoni per poi essere lasciato a carbonizzarsi sul fuoco. Questa versione, come la precedente, rappresentava la forma attenuata dell'originale rito cannibalico.
 Secondo alcune fonti il sacrifico costituiva un'eccezione nella ritualità dedicata alla fertilità. Tale rito cruento si svolgeva unicamente nel caso in cui un membro del popolo fosse stato visitato in sogno dalla Stella del Mattino. La contemplazione di alcuni corpi celesti, da parte dei sacerdoti, avrebbe confermato la necessità di effettuare il sacrificio.




California. Gli indiani della California attuavano atti cannibalici solo se costretti, ossia durante assedi o carestie. Noto risulta l'episodio di antropofagia che si verificò a carico dei Wappa assediati da una tribù vicina al loro accampamento.
 Presso i Nishiman il cannibalismo appariva in una fiaba, ove una coppia di sposi uccideva gli indiani per poi pestarli in un grande mortaio al fine di frollarli più rapidamente.
 Una forma di cannibalismo rituale era però presente in una popolazione stanziata nei pressi di Lorette, dediti a una cerimonia antropofaga finalizzata a onorare i nemici particolarmente coraggiosi e per acquisirne le doti. La carne ingerita era per lo più un quantitativo simbolico.

domenica 8 novembre 2015

"Bone Tomahawk" di S. Craig Zahler.






     Purvis e Buddy ripuliscono i corpi di una famiglia di pionieri che hanno appena sterminato. Messi in fuga dall'avvicinarsi di alcuni uomini a cavallo, i due si inoltrano verso le rocce, quasi scomparendo tra l'alta vegetazione. Improvvisamente si ritrovano in un paesaggio costellato di teschi, sia umani sia animali, che porta fino a un cimitero. Purvis non si sente tanto sicuro ad attraversare un luogo sacro ai Nativi, ma Buddy lo pungola affinché si comporti da uomo civilizzato e non come quei selvaggi. Il suono di un misterioso strumento precede il massacro di Buddy.
 Undici giorni dopo, a Bright Hope, Purvis seppelisce la borsa con la refurtiva. La cittadina è quasi una città fantasma, visto che tutti gli uomini sono cowboy coinvolti nella guida delle mandrie. Tra i pochi rimasti vi è il vice sceriffo "di riserva" Chicory (Richard Jenkins), proprio colui che vede Purvis cambiarsi di abito e seppellire il resto della roba. Insospettito dal racconto del suo vice, lo sceriffo Franklin Hunt (Kurt Russell) decide di recarsi al "Learned Goat", il saloon locale, per parlare con il forestiero.  
 Dopo averlo ferito e arrestato, lo sceriffo recupera la merce, la quale risulta costellata da  numerose tracce di sangue. A curare il prigioniero viene chiamata Samantha O'Dwyer (Lili Simmons), assistita dal vice Nick che resta nell'uffcio dello sceriffo per il turno di notte.
 Quella stessa notte, alcuni Nativi antropofagi irrompono in una stalla, uccidono il custode e ne dilaniano il corpo. La mattina dopo l'ufficio dello sceriffo risulta completamente vuoto. Sono spariti la signora O'Dwyer, il vicesceriffo Nick e anche il prigioniero.
 Grazie a un'esperto e a una freccia rinvenuta nell'uffico, lo sceriffo scopre che i responsabili sono dei pellerossa che vivono nelle caverne. Esseri che "stuprano e mangiano le loro stesse madri". Questi trogloditi abitano nella "Valle dei Famelici", presso la Catena Occidentale. Lo sceriffo organizza quindi una squadra di recupero formata da Arthur O'Dwyer (Patrick Wilson), marito di Samantha e claudicante per un trauma alla gamba, da John Brooder (Matthew Fox), un ex soldato e cacciatore di indiani, e da Chicory.



 L'inizio di "Bone Tomahawk" è fatto di quella lentezza che serve ad assorbire l'umore dell'ambiente. I suoi odori e i suoi suoni. Il profumo della zuppa di mais come il rumore dei tacchi degli stivali. Una sorta di omeostasi. Omeostasi che riesce alla perfezione, sia grazie ai dialoghi sia grazie a una fotografia in grado di parlare nei momenti più adeguati, trasformando il paesaggio in membro attivo, ma mai oppressivo attraverso effetti snaturanti.
 Come sempre la natura e un'incubatrice dove l'embrione umano si sviluppa e scalpita. Il viaggio in "Bone Tomahawk" affronta tutti gli elementi tipici delle opere di Louis L'Amour. Il deserto diviene la fornace in cui quelle anime vengono temprate e forgiate. Incubatrice quindi di riscatto, ma anche fonte di sfida. Sfida verso l'ambiente, gli altri , ma soprattutto verso i propri limiti e il proprio dolore.



 S. Craig Zahler dimostra di essere un maestro nel cambiare il corso degli eventi. Tutto accade improvvisamente e ci si ritrova in un cannibal movie. Il Louis L'Amour cede il passo al primo Deodato e lo fa in un modo veramente crudo. Sconvolgente.
 Questi selvaggi non sono dei semplici uomini primitivi come quelli che vedevamo nei film di Lenzi e Deodato, questi non sembrano neanche umani. Sembrano quelle creature mitologiche di cui i Greci popolavano le terre dell'Asia Minore. Non sono esili Filippini che hanno dalla loro un istinto violento ipertrofico. Questi sono la morte che cammina tuonando con gli arti e con la gola. I loro passi, come lo squillo di tromba che annuncia l'ingresso di un re malato, precedono degli esseri mastodontici. Muscolosi. Dei colossi che annientano quasi l'istinto di sopravvivenza.
 Tutto accade improvvisamente. Improvvisamente ma nel momento giusto. Occhio quindi a giudicare un certo rilassamento. Ciò è solo per disarmarvi. Per farvi abbassare la guardia. Alla fine il colpo arriva.



mercoledì 4 novembre 2015

Ken Parker "Santa Fè Express" n°18






 Santa Fè, New Mexico. Ken Parker e alcuni soldati aspettano alla stazione l'arrivo del treno che da Topeka porta le paghe dei militari. L'attesa sfianca i soldati che decidono di bagnarsi il becco allo spaccio vicino. Ken Parker e il messicano Emanuel non sanno ancora che il ritardo del treno tenderà ad aumentare...




 Grazie a Dio il deserto non è poi così deserto!




 Nel West però si soccorre solo se stessi...



 I soldati raggiungeranno i poveri civili troppo tardi per poter assicurare alla giustizia i criminali, ma si metteranno subito sulle tracce dei fuorilegge, grazie all'intuito di Ken Parker...



o magari alle conoscenze criminologiche di O'Bannion!




Forse il soldato ha ragione, perché alla fine i western non sono solo inseguimenti e sparatorie. Altrimenti le rapine che si fanno a fare?