venerdì 20 febbraio 2015

Joko - Invoca Dio... E Muori !!! di Antonio Margheriti (1968)








     Il film inizia con l'inquadratura dall'alto delle fasi iniziali di uno squartamento. Un uomo, legato a cinque cavalli, urla e si contorce in maniera straziante. Il fine della tortura è quello di far rivelare a Ricky il luogo dell'appuntamento con Joko. Loro vogliono il fuggitivo a tutti i costi.
 La tortura non riesce a far confessare Ricky, che dopo 2 minuti e 20 secondi muore squartato dai cavalli. La scena finale è sonora ma non visiva.
 Domingo, con l'alito della morte che gli soffia sulla schiena per aver tradito la povera vittima, cavalca verso il suo rifugio. Al suo interno vi è ad attenderlo Joko.  Il Giuda, che tenta di fuggire, viene ucciso prima di poter rivelare il nome di tutti e cinque gli assassini di Ricky. Joko ha solo i primi quattro nomi per dare inizio alla caccia.
 Yuma, un baro, è il primo ad essere eliminato. Dopo una scazzottata in un saloon, Joko lo uccide tagliandogli la gola con gli speroni degli stivali e poi, come con Domingo, gli getta addosso il pezzo di una delle corde con cui è stato ucciso Ricky (video). Il giustiziere tenterà di unire i sospiri dei morenti per creare una rete da cui coglere il nome dell'ultimo colpevole. Una scoperta peggiore della stessa morte.
 La trama  inizialmente risulta un dolce depistaggio, solo a 2/3 del film è possibile comprendere chi siano i cinque assassini e il legame che unisce Joko a Ricki. Parlare di ciò sarebbe quindi uno spoiler di cui invece faccio volentieri a meno. In caso contrario passereste la prima parte dell'opera a chiedervi se ho visto lo stesso film o, in alternativa, se la vostra copia è integra.





 Film crepuscolare, sembra quasi ambientato in Transilvania per l'aspetto di molti personaggi tra i quali spicca, per il suo aspetto mefistofelico, Mendosa. Quasi tutti appaiono come vampiri in incognito con i loro visi cianotici e gli occhi incorniciati dal cayal.
 La mano gelida di Antonio Margheriti si posa, creativo pianista, su un genere, originariamente abbagliato dal sole cocente, facendolo sprofondare in uno dei numerosi gironi infernali visitati dalle sue precedenti regie. Il giallo della solfatara rende quell'ambiente ancor più agghiacciante della semplice oscurità, e trasforma quel dedalo in una scia di urla e pazzia che accarezza i volti di brina, rigando le menti tese come levrieri ciechi.

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