giovedì 26 febbraio 2015

Alba Fatale (The Ox-Bow Incident) di William A. Wellman







     Nevada, 1885. In un saloon quattro cowboy, un paio del luogo e uno di forestieri, discutono sulle frequenti razzie di capi di bestiame. La discussione diviene subito tesa e i forestieri vengono sospettati di essere i ladri di bestiame. Uno di questi ultimi, Gil Carter interpretato da Henry Fonda, mette k.o. un bifolco, viene poi atterrato da una bottigliata inferta dal barista. Il risveglio è subito sconvolto dalla notizia di una nuova razzia. Questa volta c'è scappato il morto, un certo  Larry Kinkaid, e tutti sono in fermento. Tutti voglio cercare gli assassini.
 Il signor Davies, proprietario del bazar, cerca di calmare gli animi almeno per il tempo necessario a chiamare lo sceriffo e mettere in moto la macchina burocratica. Nessuno vuole aspettare di giurare come guardia mentre Kinkaid giace in un fosso con un proiettile in testa.
 <<Da noi nel Texas si acchiappa un uomo e si impicca senza tante storie>>.
 A questi si uniscono il maggiore Tetley e il figlio, ragazzo debole e soggiogato dalla figura paterna. Il maggiore vede la gogna futura come possibile cattedra attraverso cui educare il figlio Gerald e renderlo uomo.
 Proprio il suo intervento destabilizzerà nuovamente la situazione pacificata tramite la predica del giudice Daniel Tyler. Il maggiore riporta la testimonianza di un peone che ha visto tre uomini dirigersi a est attraverso il canyon. Questi uomini guidavano una mandria i cui capi presentavano lo stesso marchio delle bestie di Kinkaid.
 Le menti si riaccendono e il luogotenente dello sceriffo, essendo il suo diretto superiore già alla fattoria del delitto, contravviene alle regole facendo giurare gli uomini e trasformandoli quindi in guardie giurate improprie.
 La cavalcata verso i presunti colpevoli è l'intro che annuncia il dramma. La polvere, che si innalza al passaggio della moltitudine, ben rappresenta l'annebbiamento della razionalità e della volontà di quegli uomini.





Una volta raggiunti i sospettati, essi vengono disarmati e legati. Tra loro è presente un giovane Anthony Quinn nella parte di un baro messicano.  Donald, l'unico dei tre che riesce ad esprimersi in maniera coerente, cerca di discolpare se stesso e i suoi compagni. L'aver acquistato il bestiame senza il contratto di vendita rappresenta la prova più importante per i giustizieri. Il loro essere forestieri e i precedenti del messicano sono gli elementi che più inebriano la moltitudine assassina. Solo alcune voci si alzano contro una giustizia che non può essere definita tale.
 I western sono ambientati in un periodo in cui la giustizia ha una funzione socializzante. La condanna viene partorita dall'essenza umorale della collettività. La forca diviene l'altare su cui bruciare l'incenso dell'integrazione. Il gesto istintivo del singolo diviene movimento della massa con conseguente evaporazione delle tensioni e rigenerazione dei legami interni. Oggi si realizzano le stesse dinamiche. La forca diviene virtuale e spesso risulta letale come quella reale. Ma più subdola. Se la responsabilità individuale veniva sfocata dalla lente della pluralità, nel regno di internet l'identità è una chimera.




 Il vecchio Davies, Harry Davenport, è l'unico a presentare i suoi dubbi come un dono di umanità. Fonda nel 1957, quattordici anni dopo Alba Fatale, reciterà in un ruolo simile a quello che ebbe Harry Davenport. In La parola ai giurati  (12 Angry Men) egli rappresenta l'unico giurato in grado di distaccarsi dal pensiero che domina gli altri membri della giuria. La sua originalità è il credere nell'esistenza del dubbio, nell'antitesi della certezza Contemporaneamente egli si differenzia nella valutazione della vita umana come bene altrui. Guardando quei giurati si osserva l'assenza di empatia verso il diciottenne accusato di parricidio. Quelle persone, che un attimo prima di decidere sulla vita e sulla morte del ragazzo discutevano di lavoro, esibendosi in una gestualità ritualizzata da falso maschio dominante, ma anche di sport e di meteo, sembrano sentirsi al di là del dubbio.  Il dubbio diviene debolezza, elemento femmineo che contrasta con la loro forza decisionale. 
 La discussione si trasforma in una guerra di trincea. Avanzate e ritirate. Giochi psicologici, contraddizioni, passi falsi. La selezione percettiva diviene un muro invalicabile se non per sfinimento.




 Il pregiudizio, in entrambi i film, è l'invisibile totem a cui questi uomini si sottomettono. Lo straniero/forestiero si evolve nello slum odierno. Il continuo riferimento al passato e alle origini. Una valanga che devasta ogni cosa con gorgheggi i cui echi risuonano e si amplificano in un anfiteatro di fiamme.
 La burocrazia di La parola ai giurati avvolge come una gabbia il gesto di linciaggio che emanano quei corpi. Si osserva come la violenza tra gli stessi giurati diviene inibita a stento, sempre con maggior difficoltà. Gli occhi della belva scrutano il proprio simile. Bramano il sangue non solo dell'accusato, ma anche di coloro che attentano alla propria certezza. In Alba Fatale questa aggressività risulta ancora più intensa. I personaggi non sono dentro un tribunale e il contenimento degli istinti più bassi risulta troppo labile.
 In ambedue i film vi sono personaggi per cui la violenza assume un valore pedagogico. Il mezzo con cui fare l'uomo. Degli Ignazio di Loyola della forca e della percossa, essi vedono la violenza come la tempratura dei propri figli. Una tempratura il cui fuoco consuma il padre in un eterno limbo.
  In Impiccalo più in alto (Hang 'Em High), film di Ted Post con Clint Eastwood, la scena dell'impiccagione si ispira proprio ad Alba Fatale. Nello stesso film recita uno dei più intransigenti colpevolisti di La parola ai giurati, Ed Begley.
 Tre film ideali per coloro che pensano di toccare la Verità. Per gli onniscienti...








Nessun commento: